Home to Rosa

In un mondo sempre più diviso, in cui bisogna sempre andare “altrove” per trovare l’avventura e vivere pienamente la natura, Anne-Kathrin ed io siamo usciti dalla nostra porta di casa completando il Tour del Monte Rosa, in 13 giorni selvaggi che hanno collegato una delle grandi montagne con il luogo in cui viviamo.

[ENGLISH TEXT AFTER ITALIAN]
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L’IDEA – PRIMAVERA 2020

Dopo aver girato mezzo mondo, facendo troppe ore di aereo per esplorare qualche terra remota, magari anche sì in tenda e per qualche settimana, ma tornando sempre nel tran tran del quotidiano, è da un paio d’anni che io e la mia compagna Anne-Kathrin abbiamo iniziato a ridurre l’uso dell’aereo: ci siamo trasferiti fuori dalla città, più vicini alle nostre amate Alpi, ed abbiamo cominciato ad esplorare sempre più partendo da casa. 

L’ispirazione è stato il progetto Allontanare le Montagne, ideato dal nostro amico Giovanni Montagnani e di cui ho realizzato un documentario nel 2019. L’idea è semplice, classica ma anche innovativa: rinunciare all’aiuto dei mezzi a motore per vivere le proprie avventure. Sia per ridare una dignità alla dimensione delle nostre Alpi, sia per portare un contributo, seppur piccolo, alla riduzione delle emissioni ci CO2 causate dagli spostamenti, soprattutto in aereo.

E proprio dopo questi due anni di scoperta, col colpo di grazia delle forti restrizioni agli spostamenti di quest’anno, che ci siamo sentiti pronti ad organizzare una vera e propria spedizione, ma nelle Alpi, due termini che molto raramente vediamo insieme. L’idea iniziale era di fare da casa nostra (Colazza, in provincia di Novara), una lunga attraversata alpina sino alla vetta del Monte Bianco. Tuttavia non era possibile prenderci così tanto tempo, di fatto dovevamo stare nel periodo di ferie estive, come fanno le persone normali, i non professionisti.

IL PROGETTO E LA PARTENZA – 14 Agosto 2020

E’ a questo punto che abbiamo iniziato a pensare al Monte Rosa. E’ la montagna che sin da bambino ho potuto ammirare dalle sponde del Lago Maggiore dove sono cresciuto. E’ da sempre una delle mie montagne guida, ammantato di bianco, colorato all’alba. Le persone lo vivono come un altrove, colmando la distanza che li separa dal suo fondovalle in automobile. E’ una profonda separazione, che porta a staccarci dalla propria casa per vivere là avventure magnifiche, ma lontane, sconnesse.

Da queste considerazioni è nato il nostro progetto, ovvero condensare la nostra esperienza, accumulata in anni di spedizioni extra-europea, spesso in autosufficienza, per completare il Tour del Monte Rosa (TMR), ma partendo da casa a piedi.

Mentre tracciavamo il percorso, ad un certo punto mi sono reso conto che non era nemmeno necessario “riuscire nell’impresa”. Sarebbe stato anche nello spirito delle cose non completare il giro, perché ci eravamo magari fermati un giorno in più in qualche posto bellissimo, o semplicemente perché avremmo potuto essere stanchi. Una grande distanza dall’agonismo o dalla sfida che siamo abituati a leggere sulle testate di montagna.

E’ con questo spirito che abbiamo tracciato l’itinerario, che alla fine è risultato di 300km e 15.000m di dislivello positivo, abbiamo caricato gli zaini ben oltre i 15 kg a testa, portandoci la tenda, il fornello, il materiale fotografico e molto da mangiare, partendo letteralmente dalla porta di casa, tifati dagli amici del bar, nel nostro piccolo paese di 400 anime. Era il 14 Agosto 2020.

L’AVVICINAMENTO

I primi sei giorni sono stati d’avvicinamento, al TMR. Abbiamo lambito le pendici del Mottarone scendendo poi ad Omegna, imboccato la Valstrona e dormito la prima notte all’aperto, a Luzzogno, dove gli abitanti ci hanno accolto al circolo offrendoci abbondante birra. Dopodiché il secondo giorno abbiamo affrontato una salita estremamente impegnativa per la Valle Ravinella, sbucando sul percorso del GTA, alla Bocchetta dell’usciolo. 

Mi ricordo ancora l’emozione di vedere la piana dell’Ossola dall’altro, con le falesie di Colloro e le vette della Val Grande poco dietro, luoghi che solitamente raggiungo in macchina per scalare o fare scialpinismo, ma vedere Anne col suo zainone imboccare il sentiero è stata un’immagine molto significativa del viaggio.

La seconda notte l’abbiamo trascorsa al bivacco Pian del Lago, risvegliandoci in delle dense nuvole. Ma dopo poco il sole ha iniziato a filtrare, ed il terzo giorno ci ha riservato dei panorami veramente spettacolari. Siamo scesi in Val Anzasca attraverso la Segnara, attraversato il paese di Calasca-Castiglione, per poi risalire sino alla Madonna del Sassello. E qui, visto il meteo minaccioso, abbiamo dormito nel sagrato, visitati da curiosi caprioli nel cuore della notte.

Al quarto giorno, durante la salita al Passo del Mottone, ci ha sorpresi un temporale. Onestamente non ho mai visto Anne spingere così tanto, iniziando a tirarmi a 600 metri l’ora nonostante i 15kg di zaino. Tuttavia il temporale era davvero potente, percui ci siamo rifugiati nella baita aperta del pastore, all’Alpe Cortelancio. Qualche ora, in cui abbiamo inventato la “pasta del pastore”, fino a quando ha smesso di piovere forte, permettendoci di ripartire, scollinare in Val Antrona, e impegnarci in una discesa ravanosa verso il Lago di Campiccioli, dove abbiamo dormito sotto un tavolo di una casa disabitata “tanto sono le 9 di sera, alle 8 del mattino ce ne andiamo, mica arriveranno proprio adesso!”, e con questo pensiero ci siamo addormentati serenamente.

Ma alle 7 ecco apparire un’anziana coppia: “chi siete?”. Una veloce spiegazione, un ringraziamento per l’ospitalità inconsapevole, e siamo subito diventati amici di Giorgio e Rosella, che ci hanno invitato per un caffè. “Corretto ragazzi, mi raccomando, che vi scalda i muscoli!”. E in effetti i 1800m di dislivello che ci separavano dal Crest-Bivouac ce li siamo mangiati con allegria.

Che posto il Crest-Bivouac! Un bivacco vecchio stile (tecnicamente a botte, o a scatola di tonno, per gli amici), sopra il Passo di Saas, a 3100m, proprio sulla cresta spartiacque, con un panorama spettacolare sui Michabel. Maestoso vedere di fronte a noi la potenza del Dom e degli altri 4000 del gruppo coi ghiacciai, e dall’altra parte girarci e vedere quel piccolo Mottarone spuntare dalla nebbia, lontanissimo. “Anne, ti rendi conto, siamo partiti da lì!”.

Nella discesa a Saas-Fee ci ha mosso alla commozione vedere il Furggengletscher completamente sciolto, seppur presente sulla nostra cartina del 2016. Quanto velocemente stanno cambiando le montagne. Sono sempre più spoglie, sempre più deturpate, e noi esseri umani siamo la causa di tutto questo.

IL TOUR DEL MONTE ROSA

Con questi pensieri nel cuore abbiamo raggiunto Saas Fee, ritrovando la gioia di fronte alla prima indicazione TMR, ovvero Tour del Monte Rosa. Il percorso incognito, tracciato semplicemente sulla mappa per sentieri sconosciuti, era terminato, da qui si prospetta tutta un’altra musica.

A Saas Fee ci siamo concessi il maggior lusso del viaggio, ovvero una notte in albergo. Una doccia, poter lavare i vestiti (che io non avevo mai cambiato), un sontuoso buffet a colazione…ci sentivamo di meritarcelo dopo sei giorni di avventura. Il commento di Anne “la miglior vacanza del mondo!”. La mattina dopo siamo partiti per Grachen, su quello che doveva essere un comodo sentiero, per ritrovarci a camminare 5 ore in una traccia sì larga, ma in perenne esposizione sulla valle 1000m più in basso. Non male come primo giorno del TMR!

Il giorno successivo il sentiero crollato ci ha costretti a scendere al fondovalle di Zermatt, per poi risalire sull’Europaweg con l’immancabile ponte tibetano gremito di turisti. Ma il percorso poco dopo diventa ben meno turistico, di nuovo in grande esposizione, al cospetto dei giganteschi Weisshorn, Zinalrothorn e Bishorn. Un panorama incredibile, che ci accompagna sino alla piccola conca di Tashalp, una perla di resilienza montana, ai piedi dell’Alphubel, dove ci accampiamo per una notte spettacolare.

Da qui è un attimo scendere a Zermatt, per iniziare la risalita verso la Gandegghutte. Quello che vediamo, ogni metro più su, fa impallidire i panorami che abbiamo apprezzato in Cordillera Huayhuash: il bosco lascia posto a verdi pascoli colmi di fioriture, e sullo sfondo un numero impressionante di 4000, tra cui Cervino, le vette del Rosa e la potente bastionata della nord dei Braithorn. Che tristezza pensare che tanti percorrono il TMR saltando questo pezzo, affidandosi invece agli impianti…cosa si perdono!

In qualche ora arriviamo ai 3100m della Gandegghutte, trovandola chiusa. “Ci sarà l’invernale dai”. No, nessun invernale. Poco male, la meteo è spettacolare, gonfiamo i materassini sulla terrazza del rifugio, ci infiliamo nei sacchi a pelo, e passiamo una notte certo non calda, ma  sotto un cielo infinito di stelle.

La mattina ci incamminiamo per il Teodulo, attraversando il ghiacciaio morente, costellato di impianti da sci e pregno dell’odore di benzina. Sul lato Italiano l’ambiente è anche peggiore: nonostante il Cervino sullo sfondo, non riusciamo a distogliere lo sguardo da questo deserto senza vita, deturpato dalle piste da sci, in cui gruppi di motociclisti arrivano coi loro KTM sino ai ghiacciai. Un modo di vivere la montagna così lontano dalla nostra avventura, che ci ricorda l’impatto fortissimo del turismo di massa e dello sci da discesa sui fragili ambienti della montagna. Per fortuna è un percorso breve, perché arriviamo velocemente al Colle di Cime Bianche scendendo nell’omonimo vallone. Pochi metri e ci ritroviamo in un ambiente incontaminato, dove alla stessa quota dell’altro versante sbocciano splendide fioriture d’alta quota. Spero vivamente che non venga approvato lo scellerato ampliamento degli impianti in questa valle ancora intatta.

Nel vallone ci corre incontro il mitico Michele Dondi (Michelone), che ci convince a fare un bagno al gelido Torrente Tzere, accompagnandoci poi sino al Rifugio Ferraro, dove ceniamo insieme per poi accordarci con il gentilissimo gestore per piantare la tenda poco lontano dal rifugio, un’ottima abitudine visto i tempi che corrono.

I due giorni successivi scorrono veloci, con la salita al Colle del Rothorn, la discesa a Gressoney e la risalita sulle piste da sci sino al Col d’Olen, per scendere poi nel nostro angolo preferito della Val Sesia: il Vallone d’Otro. Giù, giù, sino ad Alagna, in cui ci infiliamo al Bar delle Guide ordinando troppe miacce.

L’ultima notte prevedevamo di passarla al Rifugio Pastore, con la solita formula cena+tenda. Tuttavia qui troviamo un’accoglienza diversa, con un prezzo folle. Non ci piace chi si approfitta delle situazioni negative, percui non ci fermiamo, e risaliamo verso il Passo del Turlo, dormendo ben sopra il rifugio vicino a delle baite abbandonate.

Ed eccoci al Passo, 13 giorni dopo essere partiti. Poco sotto anche Giovanni ci corre incontro, poi Elena ed infine Mattia. Una bellissima discesa in Val Quarazza, verso Macugnaga. Gli amici ci festeggiano, la gioia è tantissima, e ce la portiamo sino in paese, 300km lontana dalla nostra porta di casa. Un bacio in piazza, una foto, la didascalia: “Macugnaga. Fine. I 13 giorni più belli della nostra vita.” Era il 26 Agosto 2020.

UN’ISPIRAZIONE

Home to Rosa è stata innanzitutto un’avventura per noi. 13 giorni e 300km in cui abbiamo sperimentato ogni emozione e sensazione. Non un’impresa sportiva, infatti siamo ben consci che un atleta potrebbe ridere di fronte ai nostri dislivelli e tempi, però un’esperienza unica e diversa. Unire quell’altrove che sono le alte montagne, i ghiacciai, il Monte Rosa, con la nostra porta di casa, è stato qualcosa di completamente nuovo, che ha fatto collassare il concetto di distanza, facendoci capire quanto tutto sia in realtà legato. Anche da un punto di vista ambientale: ancora oggi ci sorprende che proprio chi ama le montagne ed i ghiacciai spesso è tra i negazionisti del cambiamento climatico. Viviamo in una società dissociata, in cui durante la settimana si lavora distruggendo (direttamente o indirettamente) l’ecosistema, anelando a rilassarsi frettolosamente i week end in montagna. Ma un’alternativa è possibile.

Uno stimolo che vogliamo dare è di provare a vivere la stessa avventura. Non necessariamente il Tour del Monte Rosa partendo da casa, ma un’avventura con lo stesso nostro spirito, scoprendo quanto sia bello collegare gli altrove al luogo in cui si abita. Capendo che non è necessario prendere aerei e visitare terre lontane per vivere epiche avventure in ambienti spettacolari.

[ENGLISH]

THE IDEA – SPRING 2020

After traveling half the world, flying too many hours to explore some remote land, maybe even in a tent and for a few weeks, but always returning to the daily grind, it has been a couple of years that my partner Anne-Kathrin and I started to reduce the use of the plane: we moved out of the city, closer to our beloved Alps, and we began to explore more and more starting from home.

The inspiration was the project Allontanare le Montagne (Distance the Mountains), conceived by our friend Giovanni Montagnani and of which I made a documentary in 2019. The idea is simple, classic but also innovative: give up the help of motor vehicles to live your own adventures. Both to restore dignity to the size of our Alps, and to make a contribution, albeit small, to the reduction of CO2 emissions caused by travel, especially by plane.

It was precisely after these two years of discovery, with the coup de grace of the strong restrictions on travel this year, that we felt ready to organize a real expedition, but in the Alps, two terms that we very rarely see together. The initial idea was to make a long alpine crossing to the summit of Mont Blanc from our home (Colazza, in the province of Novara). However, it was not possible to take so much time, in fact we had to stay in the summer vacation period, as normal people do, non-professionals.

THE PROJECT AND THE DEPARTURE – 14 AUGUST 2020

It is at this point that we began to think about Monte Rosa. It is the mountain that since I was a child I have been able to admire from the shores of Lake Maggiore where I grew up. It has always been one of my guiding mountains, cloaked in white, colored at dawn. People experience it like an elsewhere, bridging the distance that separates them from its valley floor by car. It is a profound separation, which leads us to detach ourselves from our home to experience magnificent but distant and disconnected adventures there.

From these considerations our project was born, that is to condense our experience, accumulated over years of extra-European expeditions, often in self-sufficiency, to complete the Tour of Monte Rosa (TMR), but starting from home on foot.

While we were tracing the path, at a certain point I realized that it was not even necessary to “succeed in the enterprise”. It would also have been in the spirit of things not to complete the tour, because we might have stopped one more day in some beautiful place, or simply because we might have been tired. A great distance from the competitive spirit or challenge that we are used to reading on the mountain headlands.

It is with this spirit that we have traced the itinerary, which in the end resulted in 300km and 15,000m of elevation gain, we loaded the backpacks well over 15 kg each, bringing us the tent, the stove, the photographic material and much to eat, literally starting from the front door, cheered by the friends of the bar, in our small town of 400 souls. It was August 14, 2020.

THE APPROACH

The first six days were an approach to TMR. We lapped the slopes of Mottarone and then descended to Omegna, took the Valstrona and slept the first night outdoors, in Luzzogno, where the inhabitants welcomed us to the club offering us plenty of beer. Then on the second day we faced an extremely challenging climb to the Ravinella Valley, coming out on the GTA route, at Bocchetta dell’usciolo.

I still remember the thrill of seeing the Ossola plain from the other, with the cliffs of Colloro and the peaks of the Val Grande just behind, places that I usually reach by car to climb or ski mountaineering, but to see Anne with her backpack take the trail was a very significant image of the trip.

We spent the second night at the Pian del Lago bivouac, waking up in dense clouds. But after a while the sun started to filter, and the third day gave us some truly spectacular views. We went down to Val Anzasca through the Segnara, crossed the town of Calasca-Castiglione, and then climbed up to the Madonna del Sassello. And here, given the threatening weather, we slept in the churchyard, visited by curious deer in the middle of the night.

On the fourth day, during the ascent to Passo del Mottone, a storm surprised us. Honestly, I’ve never seen Anne push so hard, starting to pull me at 600 meters an hour despite her 15kg backpack. However, the storm was really powerful, so we took refuge in the open shepherd’s hut, at Alpe Cortelancio. A few hours, in which we invented the “shepherd’s pasta”, until it stopped raining heavily, allowing us to leave again, cross the hills in Val Antrona, and engage in a raving descent towards Lake Campiccioli, where we slept under a table of an uninhabited house “so it’s 9 in the evening, at 8 in the morning we leave, they won’t arrive right now!”, and with this thought we fell asleep peacefully.

But at 7 am an elderly couple appeared: “who are you?”. A quick explanation, a thank you for the unwitting hospitality, and we immediately became friends with Giorgio and Rosella, who invited us for a coffee. “Okay guys, please, that warms your muscles!”. And in fact the 1800m of altitude that separated us from the Crest-Bivouac we ate them with joy.

What a place the Crest-Bivouac! An old-fashioned bivouac (technically barrel, or tuna can, for friends), above the Saas Pass, at 3100m, right on the watershed ridge, with a spectacular view of the Michabel. Majestic to see in front of us the power of the Dom and the other 4000 of the group with the glaciers, and on the other side turn around and see that little Mottarone emerge from the fog, very far away. “Anne, do you realize, we started from there!”.

On the descent to Saas-Fee, we were moved to see the completely melted Furggengletscher, albeit present on our 2016 map. How fast the mountains are changing. They are more and more bare, more and more disfigured, and we human beings are the cause of all this.

THE MONTE ROSA TOUR

With these thoughts in our hearts, we reached Saas Fee, rediscovering the joy in front of the first TMR indication, or Tour del Monte Rosa. The unknown path, simply traced on the map for unknown paths, was over, and from here a whole different music arises.

In Saas Fee we allowed ourselves the greatest luxury of the trip, namely a night in a hotel. A shower, being able to wash clothes (which I had never changed), a sumptuous breakfast buffet… we felt we deserved it after six days of adventure. Anne’s comment “the best vacation in the world!”. The next morning we left for Grachen, on what must have been an easy path, to find ourselves walking 5 hours in a track so wide, but in perennial exposure on the valley 1000m below. Not bad for the first day of the TMR!

The following day, the collapsed path forced us to descend to the Zermatt valley floor, and then climb back up to Europaweg with the inevitable Tibetan bridge crowded with tourists. But the route soon becomes less touristy, once again on display, in the presence of the gigantic Weisshorn, Zinalrothorn and Bishorn. An incredible panorama, which accompanies us up to the small Tashalp basin, a pearl of mountain resilience, at the foot of the Alphubel, where we camp for a spectacular night.

From here it is a moment to go down to Zermatt, to begin the ascent towards the Gandegghutte. What we see, every meter higher, makes the views we enjoyed in Cordillera Huayhuash pale: the forest gives way to green pastures full of blooms, and in the background an impressive number of 4000, including the Matterhorn, the peaks of the Rosa and the mighty bastion of the north of the Braithorns. How sad to think that so many walk the TMR skipping this piece, relying instead on the plants… what are they missing!

In a few hours we reach the 3100m of the Gandegghutte, finding it closed. “There will be winter, come on”. No, no winter. Not bad, the weather is spectacular, we inflate the mattresses on the terrace of the refuge, we slip into our sleeping bags, and we spend a night certainly not hot, but under an infinite sky of stars.

In the morning we set out for the Theodulus, crossing the dying glacier, dotted with ski lifts and full of the smell of petrol. On the Italian side, the environment is even worse: despite the Matterhorn in the background, we cannot take our eyes off this lifeless desert, marred by the ski slopes, where groups of motorcyclists arrive with their KTMs up to the glaciers. A way of experiencing the mountains so far from our adventure, which reminds us of the very strong impact of mass tourism and downhill skiing on the fragile mountain environments. Fortunately, it is a short route, because we quickly arrive at the Colle di Cime Bianche descending into the valley of the same name. A few meters and we find ourselves in an uncontaminated environment, where splendid high-altitude blooms bloom at the same altitude as the other side. I sincerely hope that the nefarious expansion of the plants in this still intact valley is not approved.

In the valley the legendary Michele Dondi (Michelone) runs to meet us, convinces us to take a bath in the icy Tzere Torrent, then accompanying us to the Ferraro Refuge, where we have dinner together and then agree with the very kind manager to pitch the tent not far from the refuge , an excellent habit given the times that run.

The next two days go by quickly, with the ascent to Colle del Rothorn, the descent to Gressoney and the ascent on the ski slopes to Col d’Olen, to then descend to our favorite corner of Val Sesia: Vallone d’Otro. Down, down, up to Alagna, where we slip into the Bar delle Guide ordering too many miacce.

The last night we planned to spend it at the Pastore Refuge, with the usual dinner + tent formula. However, here we find a different welcome, with an insane price. We do not like those who take advantage of negative situations, so we do not stop, and go up towards the Passo del Turlo, sleeping well above the refuge near abandoned huts.

And here we are at the Pass, 13 days after leaving. A little below Giovanni also runs to meet us, then Elena and finally Mattia. A beautiful descent in Val Quarazza, towards Macugnaga. Friends celebrate us, the joy is so much, and we take it to the village, 300km away from our front door. A kiss in the square, a photo, the caption: “Macugnaga. End. The 13 best days of our life. ” It was August 26, 2020.

AN INSPIRATION

Home to Rosa was above all an adventure for us. 13 days and 300km in which we experienced every emotion and sensation. Not a sporting feat, in fact we are well aware that an athlete could laugh at our differences in height and times, but a unique and different experience. Combining that elsewhere that are the high mountains, the glaciers, Monte Rosa, with our front door, was something completely new, which collapsed the concept of distance, making us understand how much everything is actually linked. Even from an environmental point of view: even today it surprises us that those who love mountains and glaciers are often among the deniers of climate change. We live in a dissociated society, where people work during the week destroying (directly or indirectly) the ecosystem, yearning to hastily relax on weekends in the mountains. But an alternative is possible.

A stimulus we want to give is to try to live the same adventure. Not necessarily the Monte Rosa Tour starting from home, but an adventure with the same spirit as ours, discovering how beautiful it is to connect others to the place where you live. Understanding that it is not necessary to take planes and visit distant lands to experience epic adventures in spectacular environments.

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L’avvicinamento/the approach

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