
Qualche giorno fa ho rilasciato un’intervista, sembrava una come altre, con le solite domande sul mio lavoro, sul mio rapporto con l’ambiente naturale, sulla mia etica e così via, ma ad un certo punto mi viene chiesto “perché fai quello che fai?”.
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E’ quel genere di domanda che mi faccio spesso, ma dover esplicitare una risposta, utilizzando la voce, è stato un dono per indagarmi. Ho guardato fuori dalla finestra, verso le montagne ricoperte da boschi, avvolte da qualche nuvola bassa di una giornata di pioggia estiva, e mi sono preso qualche secondo. Dentro di me sono passate molte risposte possibili, alcune più di circostanza, altre più vere, ma nessuna mi metteva veramente a nudo. Ho guardato ancora un po’ fuori, ascoltando solo il mio respiro. E poi eccola lì.
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“Per sentirmi meno solo.”
Ho continuato: “In questi anni ho sempre più messo in discussione quello che il pensiero prevalente ci fa sembrare naturale, obbligatorio ed indispensabile, andando a scoprire dentro di me il mio sistema di valori e ciò che muove veramente la mia vita, scegliendo di occupare il mio tempo con attività che mi assomiglino. Questo inizialmente mi ha fatto sentire solo, è difficile trovare simili quando si fanno scelte autentiche e radicali. Ma anche questa è una paura che ci viene inculcata, facendoci circondare da un muro che ci costruiamo da soli. Invece, l’interagire con le persone, soprattutto con la mia attività da guida, mi da la possibilità di conoscere persone che abbiano una sensibilità simile alla mia. Magari siamo in punti diversi del percorso, ma ho già incontrato molte anime affini. E penso questo sia reciproco, anche chi sceglie di passare il suo tempo con me, di esplorare insieme l’ambiente naturale, ha l’occasione di sentirsi meno solo/a, riconoscendo parti di sé in qualcun’altro, che sia io o un altro membro del gruppo. Questa è la ragione più radicalmente vera per cui faccio quello che faccio.”
