Il Patto del Non Racconto: vi sono luoghi così rari e preziosi che meritano di non essere raccontati, se non per quello che suscitano in noi quando li attraversiamo. Ormai abbiamo fatto il giro del globo e il globo è finito. Più conosciamo in superficie ogni spazio remoto, meno sappiamo penetrarlo nel dettaglio. Più cediamo alla spettacolarizzazione, più rinunciamo a conoscere per davvero questi ultimi spazi selvaggi, ormai ridotti a piccoli scenari di imprese umane, troppo umane. Pochi giorni fa, abbiamo affrontato un’inedita ed entusiasmante esplorazione, al confine tra escursionismo ed alpinismo, tra arrampicata ed avventura. Abbiamo collezionato una serie di incontri e sensazioni così singolari ed inattese che hanno via via rafforzato in noi l’idea che per riproporre questo viaggio occorre stabilire un’alleanza e un patto con i più fidati compagni di cordata, il patto del non racconto.
Queste righe, scritte dall’amico Michele Comi (stilealpino.it), hanno risuonato nel mio cuore, dando una definizione a come racconto la montagna da qualche tempo. Per questo che non rispondo mai domande come “dov’è questo luogo?”, parlando invece di cosa suscita in me. Per questo adoro esplorare vicino a casa, non che sia il più speciale dei luoghi ma perché è quello che posso conoscere meglio sotto la superficie.
E’ lo spirito con cui accompagno le persone: gruppi piccolissimi e riferimenti geografici vaghi nelle descrizioni pubbliche, creando un ambiente di intimità tra i membri e di connessione con la montagna.
Chiederò ai miei clienti l’adesione informale a questo patto:
Cosa non racconteremo? I posti precisi, i riferimenti geografici, i sentieri di accesso e quanto di più prezioso racchiudono i luoghi delle escursioni.
Racconteremo le sensazioni, le emozioni e le trasformazioni che avvengono in noi attraversando questi luoghi, capaci di penetrarci talmente in profondità da non poter essere ridotti ad un toponimo o ad un reel.
Leggi un’esperienza nel nome del Patto del Non-Racconto: qui